Ciao ragazzi, come sta andando l’inizio dell’anno nuovo?! State mantenendo i vostri buoni propositi, tipo ridurre il consumo degli antibiotici e migliorare l’igiene delle mani? O avete ceduto alla pressione della comunità e siete stati costretti a dare “una copertura” antibiotica hai vostri pazienti travolti da questa ondata influenzale? E, lo so, non è facile e a volte resistere a certe richieste è davvero dura. Comunque sia, oggi vi ho preparato un POST che spero vi possa semplificare la vita e vi possa aiutare a gestire al meglio quei pazienti ricoverati che necessitano di un trattamento antibiotico. Oggi vi svelerò qualche “trucco” per ottimizzare il trattamento antibiotico, qualche escamotage che forse molti di voi già conoscono, ma che credo possa essere davvero interessante per chi ha meno dimestichezza con l’utilizzo degli antimicrobici. Bene, allora partiamo!
#Trucco 1 – Dose di carico
Per alcuni antibiotici sarebbe opportuno eseguire sempre una dose di carico iniziale, soprattutto nel paziente con sepsi severa e instabile: ciò permette una maggior rapidità di azione e quindi di risposta. Gli antibiotici per i quali è consigliato eseguire una dose di carico sono tutti gli antibiotici con un’azione tempo dipendente, per cui Beta-lattamici (penicilline, cefalosporine, carbapenemi, monobattami), clindamicina, tetracicline, macrolidi, oxazolidinonei (linezolid). I glicopeptidi rappresentano una classe intermedia, ma anche per essi andrebbe eseguita la dose di carico. Non è richiesta, invece, per gli antibiotici ad attività concentrazione dipendente (chinoloni, aminoglicosidi, daptomicina). Cosa intendiamo per dose di carico? Il doppio della dosa iniziale. Facciamo un esempio: ho intenzione di trattare un paziente con sepsi severa con pipereacillina/tazobactam 4,5 g ogni 6 ore (o 18 g in infusione continua). Bene, la prima dose deve essere raddoppiata: quindi, invece che partire subito con piperacillina/tazobactam 4,5 g, partirò con 9 g e poi a seguire potrò iniziare subito l’infusione continua (es. 18 g in 24 ore) oppure potrò proseguire dopo 6 ore con 4,5 gx4/die. Questa regola andrebbe sempre seguita, ma il campo in cui si applica maggiormente è quello del paziente critico, instabile, con infezione severa (es. il paziente ricoverato in terapia intensiva con infezione grave).
#Trucco 2 – Uso della rifampicina
Quando si decide di impiegare la rifampicina nelle infezione da stafilococco, devono essere tenute in considerazione diverse strategie:
- Mai usare rifampicina in monoterapia: pur essendo uno degli antibiotici maggiormente attivi nei confronti di S. aureus e con azione battericida, diventa rapidamente inefficace se somministrato da solo.
- Per la ragione sopraindicata, rifampicina non andrebbe mai somministrata, anche in combinazione, in modo empirico. Infatti, non conoscendo il microrganismo che ha causato l’infezione, né l’antibiogramma, la combinazione di rifampicina + un secondo antibiotico potrebbe equivalere alla somministrazione di una mono-terapia di rifampicina nel caso in cui il patogeno sia resistente al secondo antibiotico.
- Non usare rifampicina in caso di infezione peri-protesica articolare prima della rimozione dell’impianto protesico infetto. Rifampicina, infatti, ha un’ottima azione verso le forme sessili nascoste nel biofilm adeso alla protesi; tuttavia, se l’impianto infetto non viene rimosso e viene utilizzata rifampicina, anche in associazione, vi è l’elevato rischio di comparsa di resistenza perché il secondo antibiotico non sarà attivo verso le forme sessili del biofilm e quindi sarà come effettuare una mono-terapia con rifampicina.
- Nel caso di osteomielite da S. aureus meticillino-sensibile (MSSA): impiegare sempre rifampicina in associazione (se possibile in associazione ad un fluorochinolone) in quanto S. aureus è in grado di formare biofilm anche a livello della superficie ossea e pertanto rifampicina contribuisce ad agire contro le forme sessili nascoste nel biofilm. Occorre tuttavia ricordare che rifampicina agisce più rapidamente rispetto ai fluorochinoloni, per cui andrebbe introdotta 2-3 giorni dopo, quando la carica batterica diminuisce e il rischio di sviluppare resistenza da parte del batterio cala drammaticamente.
#Trucco 3 – Rimozione del device infetto
Tutte le volte che ci si trova di fronte ad un’infezione stafilococcia del CVC, di protesi o di un qualsiasi altro device (pace maker, mezzi di sintesi, ecc…), sarebbe opportuno rimuovere il corpo estraneo infetto. Questa procedura ha lo scopo di rimuovere il “serbatoio dell’infezione” che è rappresentato dal biofilm formatosi attorno al materiale plastico o metallico del device. La sola terapia antibiotica non sarà in grado di eliminare i batteri nascosti nel biofilm e sarà molto elevato il rischio di comparsa di resistenza antibiotica se verrà somministrata senza rimuovere il device infetto.
#Trucco 4 – Come proteggere daptomicina
La daptomicina rappresenta un’arma eccezionale per le infezioni da stafilococchi meticillino-resistenti, con un’azione battericida ed una rapidità di azione uniche. Tuttavia, iniziano ad emergere le prime resistenze anche nei confronti di questa preziosa molecola. Vi sono alcune esperienze in letteratura che suggeriscono un ruolo protettivo dell’associazione daptomicina+Beta-lattamico nei confronti della comparsa di resistenza di S. aureus verso daptomicina. Sulla base di questi lavori, si potrebbe associare un beta-lattamico anti-MSSA (per esempio oxacillina o ceftriaxone) a daptomicina per le infezione da S. aureus meticillino-resistente, proprio allo scopo di proteggere la comparsa di resistenza a daptomicina.
#Trucco 5 – Infezioni da batteri a minor virulenza
Nelle infezioni CVC-correlate da microrganismi con virulenza ridotta (es. stafilococchi coagulasi-negativi, Corynebacterium spp., C. parapsilosis), si può ipotizzare una durata di terapia più breve di quella raccomandata attualmente da molte lineeguida internazionali. Pensare di ridurre a soli 7 giorni la terapia antimicrobica potrebbe essere possibile in presenza delle seguenti condizioni:
- rimozione rapida del CVC;
- inizio precoce di un trattamento antibiotico efficace;
- assenza di focolai settici metastatici (es. ascessi, polmonite);
- rapida risposta clinica al trattamento antibiotico (sfebbramento, stabilizzazione dei parametri vitali, normalizzazione degli indici di flogosi, ecc.)
#Trucco 6 – Trattamento antibiotico per MSSA
Nelle infezione causate da S. aureus meticillino-sensibile (MSSA), occorre sempre ricordare che vancomicina possiede un’efficacia minore rispetto ad oxacillina, qualunque sia la condizione del paziente o qualunque sia la sede di infezione. Pertanto, anche nel caso in cui si sia iniziato un trattamento antibiotico empirico con vancomicina, se gli esami colturali risultano positivi per MSSA, è sempre opportuno modificare il trattamento antibiotico sostituendo vancomicina con oxacillina.
#Trucco 7 – Quale Beta-lattamico scegliere?
Tutte le volte che vi trovate di fronte ad un isolato microbiologico (es. E. coli) il cui antibiogramma vi permette di scegliere tra più Beta-lattamici di classi diverse (per es. penicillina/inibitore Beta-lattamasi o cefalosporina III gen.), a parità di MIC dovreste sempre scegliere una penicillina. Questo perché le penicilline alterano in misura minore il microbiota intestinale, favoriscono meno l’insorgenza di colite da C. difficile e l’insorgenza di resistenza antimicrobica. Anche quando si deve scegliere una terapia empirica per un’infezione intraddominale o un’infezione delle vie urinarie, se si è indecisi tra una cefalosporina di III generazione e una penicillina/inibitore Beta-lattamasi, va ricordato che la scelta della penicillina garantisce anche altri vantaggi sullo spettro d’azione: infatti, le cefalosporine di III generazione non sono attive né contro gli enterococchi, né contro gli anaerobi (a differenza della penicillina/inibitore Beta-lattamasi).
#Trucco 8 – Trattamento antibiotico per i batteri ESBL+
Questo è uno dei miei trucchi preferiti, particolarmente utile in quegli ospedali dove il tasso di infezione da enterobatteriacae ESBL+ è sempre in aumento e dove la diffusione di ceppi produttori di carbapenemasi richiederebbe un risparmio nell’utilizzo di carbapenemi. Riassumendo: cosa utilizzare come terapia empirica in caso di probabile infezione da batteri ESBL+ senza ricorrere ai carbapenemi (per es. in caso di sepsi a partenza dalle vie urinarie o dalle vie biliari)? Se nel mio ospedale so che il 25% degli E. coli è ESBL+, posso permettermi di usare un farmaco diverso dal carbapenemico? Bene, presso il mio centro (Policlinico di Modena) abbiamo risolto il problema in questo modo: partiamo in empirico con l’associazione piperacillina/tazobactam + amikacina (quest’ultima da eseguire solo per 3 giorni, il tempo di avere a disposizione le emocolture e l’urinocoltura). Al terzo giorno, sulla base dell’antibiogramma, potremo decidere se proseguire solo con piperacillina/tazobactam o, in caso di resistenza, potremo cambiare antibiotico con una molecola più attiva (come per es. il carbapenemico). L’utilizzo dell’amikacina in associazione ha un importante vantaggio: nel nostro centro vi sono basse resistenze ad amikacina (E. coli: 6%, K. pneumonia 9%, P. aeruginosa 15%); con questa associazione, pertanto, riusciamo a coprire il 94% dell infezioni da E. coli senza ricorrere al carbapenemico in terapia empirica e senza rischiare troppo in termini di peggioramento della funzionalità renale (infatti, è raro che 3 giorni di terapia con amikacina possano determinare un danno significativo). Rimane un ultima considerazione da fare: nel caso in cui il paziente sia ad alto rischio per infezione da ESBL+ e si presenti con sepsi severa e/o shock settico, consiglio di iniziare direttamente il trattamento antibiotico con carbapenemico senza attendere l’esito degli esami colturali.
#Trucco 9 – Peritonite secondaria
In caso di peritonite secondaria (a seguito di rottura/perforazione intestinale o conseguente ad ascesso intra-addominale) quale dovrebbe essere la terapia antimicrobica empirica? Quando avviene una contaminazione del peritoneo da parte della flora intestinale a seguito di perforazione intestinale, rottura di un diverticolo, ischemia intestinale, o cedimento di un’anastomosi chirurgica, quali microrganismi andrebbero considerati per impostare un trattamento antibiotico? Enterobatteriaceae, Enterococcus spp., P. aeruginosa, anaerobi, Candida spp., S. aureus meticillino -resistente (MRSA)? Assolutamente NO!
I patogeni da considerare sono rappresentati da una combinazione di bacilli Gran-neg aerobi (E. coli) + bacilli Gram-neg anaerobi (es. B. fragilis). Il coinvolgimento di P. aeruginosa varia dal 3-15%, di Enterococcus spp. <7-8%, e Candida spp. non è molto chiaro.
Ma quale schema di terapia antimicrobica dovrebbe essere impiegato per la terapia empirica nella peritonite secondaria e quando dovrebbe essere impostata anche una terapia antifungina? Seguire le seguenti considerazioni:
- EZIOLOGIA: impostare un trattamento efficace verso Gram-neg aerobi + Gram-neg anaerobi
- GRAM-NEG ANAEROBI. Ricordare: il metronidazolo è efficace solo nei confronti dei bacilli Gram-neg anaerobi; clindamicina e ampicillina/sulbactam: non dovrebbero essere utilizzate dato l’incremento delle resistenze (Clin Infect Dis 50:133,2010. IDSA Guidelines). Per avere un’idea più dettagliata di quali agenti risultano efficaci sugli anaerobi, potete leggere Anaerobe 17: 147, 2011; Antimicrob Agents Chemother 56: 1247, 2012.
- GRAM-NEG AEROBI. I seguenti farmaci sono attivi solo verso i bacilli Gram-neg aerobi: aminoglicosidi, cefalosporine di II, III, IV generazione, aztreonam, piperacillina, ciprofloxacina, levofloxacina. Ceftolozane-tazobactam e ceftazidime-avibactam possiedo una certa attività anche sugli anaerobi.
- AEROBI+ANAEROBI. I seguenti farmaci sono attivi sia verso i Gram negativi aerobi, sia verso i Gram negativii anaerobi: cefoxitin, piperacillina/tazobactam, moxifloxacina, meropenem, imipenem (ertapenem: non attivo verso P. aeruginosa e verso Acinetobacter spp.).
- ENETEROCOCCUS, MRSA: in generale, non è indicata una copertura antimicrobica empirica per questi batteri nella peritonite secondaria, salvo che non vi sia un isolamento colturale.
- CANDIDA: in generale, non impostare una terapia antifungina empirica anche nel caso in cui Candida spp. venga isolata dagli esami colturale del peritoneo, ma fa parte di una coltura mista in un paziente operato per perforazione (es. appendicite perforata o diverticolite). Trattare per Candida spp. nelle seguenti condizioni: isolamento di Candida spp. da coltura pura da sangue e essudato peritoneale; incremento del BDG; interventi chirurgici ripetuti per perforazioni intestinali ricorrenti o per deiscenza dell’anastomosi intestinale e prolungata terapia antibiotica; pancreatite acuta necrotizzante; paziente trapiantato di fegato o pancreas. In uno studio prospettico randomizzato (placebo-controllato), si è visto che non vi è un reale beneficio ad aggiungere una terapia antifungina pre-emptive per prevenire una candidiasi invasiva dopo un intervento di chirurgia intestinale eseguita per infezione intra-addominale (Clin Infect Dis 61:1671, 2015).
- TERAPIA ANTIBIOTICA CONSIGLIATA: peritonite moderata : piperacillina/tazobactam (eventualmente associata ad aminoglicoside); peritonite severa: meropenem/imipenem.
#Trucco 10 – Candidemia e procalcitonina
L’ultimo trucco, per il vero, non riguarda la terapia antibiotica, ma la terapia antifungina. E riguarda uno delle decisioni più combattute che riguarda il clinico ospedaliero: quando iniziare un trattamento antimicotico empirico in caso di sospetta candidemia. Una buona strategia suggerita da diversi autori negli ultimi anni è il seguente:
- Paziente con febbre persistente da oltre 3 giorni nonostante terapia antibiotica attiva verso Gram negativi e Gram positivi +
- Fattori di rischio importanti per candidemia (es. CVC/PICC, nutrizione parenterale totale, eventuale intervento di chirurgia addominale)
A questo punto ti possono essere d’aiuto due parametri bioumorali importanti: la procalcitonina (PCT) e il 1-3 Beta-D-glucano (BDG). La PCT in genere è normale o poco mossa in caso di candidemia. Per quei centri che hanno la possibilità di eseguire il BDG, si può iniziare un trattamento anti-fungino in caso di sospetto elevato di candidemia. Una volta che arriverà il risultatoo del BDG, si potrà decidere cosa fare: se negativo, si potrà sospendere la terapia antifungina (infatti il BDG ha un elevato potere predettio negativo); in caso di positività, invece, si dovrà valutare la situazione clinica (es. eventuale miglioramento del paziente, risultati degli esami colturali, ecc.) prima di decidere se proseguire con l’antifungino o meno (dato il basso potere predettio positivo del BDG e per l’alto numero di fattori che possono influenzae pilo BDG).
Ecco ragazzi, anche per oggi abbiamo finito. Spero che le nozioni fornite in questo POST possano servire a migliorare e ottimizzare il trattamento antibiotico, sia in ospedale, sia in comunità. Se ti è piaciuto l’articolo, puoi condividerlo con uno dei Social qui sotto!
A presto,
Andrea.
Complimenti Andrea per la tua iniziativa.
Volevo chiederti: secondo la tua esperienza in un paziente operato di impianto di protesi valvolare mitralica dopo endocardite da Streptococco bovis in trattamento preintervento da quattro settimane con ceftriaxone (da antibiogramma) con indici di flogosi nella norma, per quanto tempo dovrebbe ancora continuare la terapia antibiotica? Io penso di continuare per due settimane e sospenderla se gli indici di flogosi continuano ad essere normali. Che ne pensi?
Ti ringrazio , Cesare
Grazie Cesare. Dipende da quanto tempo è passato dalla rimozione della valvola infetta e dall’esito dell’esame colturale della valvola. Per intenderci: nel caso abbia eseguito rimozione della valvola e ed eseguito già 4 settimane dalla rimozione, concordo sul proseguire altre 2 settimane. Nel caso abbia rimosso la valvola da 2 settimane e l’esame colturale della valvola fosse negativo, eseguirei altre 2 settimane. Invece, in caso di coltura positiva, eseguirei altre 4 settimane. Spero di essere stato chiaro. Infine, una domanda: non hai associato trattamento con aminoglicoside per le prime 2 settimane? Ciao a presto!
troppo bravo
Grazie Luigi! Sono contento che tu abbia apprezzato l’articolo! Un saluto. Andrea