L’ infezione da Clostridium difficile (C. difficile) rappresenta una delle complicazioni iatrogene peggiori a cui può andare incontro un paziente ricoverato in ospedale.
Innanzitutto perché può essere rischiosa per la vita del paziente, in particolare se anziano o con insufficienza renale; inoltre, incide gravemente sulla durata della degenza e impone la messa in atto di misure di Infettino Control costose e non sempre di facile attuazione (isolamento da contatto, stanza singola, massima disinfezione dei materiali, avvertenze per il personale e per i parenti). Infine, avere un paziente con infezione da Clostridium difficile in reparto pone anche gli altri pazienti ricoverati a rischio di acquisire l’infezione.
Ma uno dei problemi maggiori che si riscontra quando si parla di diagnosi di infezione da Clostridium difficile è rappresentato dall’esistenza dei portatori asintomatici, cioè quei soggetti che sono colonizzati da C. difficile, ma con sintomatologia assente. In questi casi il paziente non deve essere né trattato, né isolato.
Per cercare di fare chiarezza e dare raccomandazioni più chiare, la Società Europea di Microbiologia e Malattie Infettive (ESCMID) ha recentemente pubblicato un aggiornamento delle Linee guida per la diagnosi di infezione da C. difficile (scarica il documento in PDF) frutto di una meta-analisi sugli studi che analizzavano le diverse metodiche per la diagnosi di infezione da Clostridium difficile (Crobach MJT, et al., European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases: update of the diagnostic guidance document for Clostridium difficile infection, Clinical Microbiology and Infection – 2016).
Algoritmo diagnostico
Ma veniamo al dunque: l’ESCMID raccomanda di utilizzare un algoritmo diagnostico (leggi anche il lavoro di Planche et al, Lancet Infect Dis, 2013) per fare diagnosi di infezione da C. difficile, suggerendo di utilizzare almeno due test diagnostici.
Quali sono i test disponibili per la diagnosi di infezione da Clostridium difficile?
Per la diagnosi di infezione da Clostridium difficile, abbiamo a disposizione diverse metodiche. Si possono cercare direttamente le tossine A/B nelle feci, si possono ricercare enzimi prodotti da Clostridium difficile (come la glutammato deidrogenasi, che è prodotta sia dai ceppi tossigenici, sia da quelli non tossigenici) ed infine si può ricercare in PCR il gene delle tossine A/B.
- Test immuno-enzimatici per la ricerca delle tossine A e B (Tossine A/B -EIAs)
- Test immuno-enzimatici per la ricerca della glutammato deidrogenasi (GDH-EIAs),
- PCR per la ricerca del gene che codifica per le tossina A/B (Nucleic acid amplification or NAATs)
Caratteristiche dei test per la diagnosi di infezione da Clostridium difficile.
- GDH-EIA: elevata sensibilità
- PCR del gene per le tossine A/B: elevata sensibilità
- Tossine A/B-EIA: elevata specificità
Le raccomandazioni ESCMID per la diagnosi di infezione da C. difficile
In generale, l’ESCMID raccomanda di:
- Non usare un singolo test diagnostico per l’infezione da C. difficile.
- Utilizzare almeno due test diagnostici
- Utilizzare il seguente algoritmo diagnostico A (Figura 1. A)
- In alternativa, utilizzare l’algoritmo diagnostico B (Figura 1. B)
- L’assenza di tossine A e B (tramite EIA) nelle feci, ma con il test GDH-EAI o la PCR per tossine A/B positiva, o l’esame colturale per ceppi tossigenici, richiede di considerare la clinica del paziente per distinguere i casi di infezione dalla condizione di portatore sintomatico.
Figura 1. Algoritmi diagnostici per l’infezione da C. difficile. (Linee guida ESCMID 2016)
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