Ho deciso di scrivere questo POST per attirare l’attenzione dei medici sulle 5 malattie infettive più letali che si possono riscontrare in Pronto Soccorso o durante l’attività di Guardia Medica.
Non si tratta delle malattie infettive più letali in assoluto (ho escluso di proposito infezioni gravi come la rabbia, il vaiolo, l’antrace, la SARS e l’ebola), ma quelle che, seppur rare, si possono riscontrare con una certa frequenza durante la lunga carriera di un medico. Cercherò inoltre di fornire alcune indicazioni generali per sospettare l’infezione, e alcuni criteri per porre diagnosi e iniziare prontamente un trattamento antibiotico. Resta fermo il principio generale che, in qualunque delle seguenti situazioni, è opportuno richiedere una valutazione infettivologica.
Malattie Infettive più Letali #POSIZIONE 5
Da novembre a febbraio, un paziente che si presenti in PS con insufficienza respiratoria e un quadro radiologico caratterizzato da interstiziopatia dovrebbe essere inquadrato come paziente con possibile influenza. Nel corso della storia, il virus influenzale è stato responsabile di pandemie terrificanti la più distruttiva delle quali è stata quella tra il 1918-1919 (influenza spagnola) che ha ucciso fino a 100 milioni di persone in tutto il mondo. Il virus dell’influenza A sottotipo H1N1 è un sottotipo di virus di Influenza A più aggressivo, in grado di determinare un coinvolgimento polmonare grave anche in soggetti più giovani e sani; ne esistono diverse varianti che causano forme influenzali pandemiche negli animali, come la influenza aviaria e la febbre suina. Il motivo che desta maggior preoccupazione per l’influenza è la sua capacità di combinare e mutare per formare nuovi ceppi. Per avere un’idea più precisa sull’andamento stagionale del virus influenzale in Italia, sarebbe più opportuno consultare il sito dell’Istituto Superiore della Sanità (influNet) dove sono riportati i nuovi casi dell’anno in corso e delle stagioni precedenti.
COSA FARE? Nel sospetto di influenza con coinvolgimento polmonare, andrebbe allertato l’anestesista o il pneumologo di turno per valutare l’indicazione del paziente alla ventilazione meccanica (invasiva o non invasiva). Una volta corretta l’insufficienza respiratoria, sarà opportuno iniziare una terapia antibiotica (es. ceftriaxone + azitromicina) e una terapia antivirale (oseltamivir 75 mg/12 ore per 5 giorni; oppure zanamivir inalazione orale 10 mg/12 ore per 5 giorni) in attesa dei risultati degli esami virologici su BAL e/o siero (PCR per Influenza A e/o anticorpi).
Malattie Infettive più Letali #POSIZIONE 4
L’errore più grave che un medico di Pronto Soccorso può commettere di fronte ad un paziente con febbre dopo un soggiorno all’estero in una zona endemica, è quello di non considerare la malaria. Nella maggior parte dei casi la malaria ha un decorso benigno, con un primo periodo di febbre elevata, continuo-remittente, associato ad atro-mialgie diffuse, cefalea, vomito, senza il classico andamento intermittente (febbre terzana o quartana) tipica delle fasi secondarie (in genero dopo 10 giorni dall’inizio dell’infezione). Tuttavia, nel caso di infezione da Plasmodium falciparum, il decorso potrebbe avere un andamento più rapido con un’evoluzione severa fino al decesso se non viene iniziato subito un trattamento anti-malarico (malaria maligna). In questi casi possono comparire complicanze quali insufficienza renale acuta, stato di coma, crisi convulsive, fenomeni emorragici.
In un paziente febbrile rientrato da una zona endemica per malaria, la malaria deve sempre essere considerata la causa principale della febbre fino a che non viene esclusa attraverso esami specifici.
Nelle fasi iniziali la diagnosi non è semplice, in quanto il quadro è del tutto simile ad una sindrome influenzale. Agli esami bio-umorali si potrà notare un calo delle piastrine, anemia (che all’inizio può essere modesta), rialzo delle LDH e della bilirubina indiretta (emolisi) e delle transaminasi. In generale, è impossibile porre diagnosi se non si chiede al paziente se ha soggiornato in un’area endemica per malaria, o se il laboratorista non ti segnala spontaneamente la presenza di plasmodi malarici evidenziati durante l’emoscopia di routine per formula leucocitaria.
COSA FARE? Nel sospetto di malaria, andrà avvisato il medico infettivologo, il laboratorista di turno e richiesta l’emoscopia e/o l’esame della goccia spessa al fine di porre una diagnosi precisa. In generale, non è mai indicato iniziare un trattamento anti-malarico empirico, anche nei casi più severi, salvo indicazioni differenti dallo specialista infettivologo.
Malattie Infettive più Letali #POSIZIONE 3
Al terzo posto troviamo una condizione infettiva piuttosto rara che solo un medico su dieci avrà occasione di osservare nel corso della propria carriera, ma che è bene conoscere in quanto la mancata diagnosi potrebbe determinare il decesso del paziente entro 24-48 ore. Sto parlando della fascite necrotizzante, un’infezione severa della cute e dei tessuti molli profondi che non produce essudato purulento (come nel caso degli ascessi), classificata pertanto tra le infezioni non-purulente, e che in generale ha un decorso particolarmente rapido e destruente. L’infezione può essere monomicrobica (S. pygenes, S. aureus, V. vulnificus, A. hydrophila, Peptostreptococcus species) o polimicrobica (aerobi, anaerobi, Streptococcus haemoliticus, stafilococchi), è più frequente nei pazienti diabetici, immunodepressi o nei tossicodipendenti attivi. Nelle fasi iniziali il quadro può essere del tutto simile ad un quadro di infezione cutaneo (cellulite), ma di solito il paziente riferisce un dolore intenso, profondo, che spesso contrasta con i modesti segni clinici dell’esame obiettivo. Sono presenti inoltre, in misura variabile:
- Anamnesi per una lesione/trauma penetrativo cutaneo (nell’80% dei casi)
- Dolore costante (discordanza con l’esame obiettivo)
- Segni di cellulite/presenza di bolle
- Edema (senza limite di demarcazione come nell’erisipela)
- Ecchimosi/necrosi cutanea
- Enfisema sottocutaneo
- Segno: wooden-hard feel (alla palpazione cute e sottocute sono duri, non distinguibili)
- Anestesia dell’area interessata
- Segni di SIRS (risposta infiammatoria sistemica)
- No risposta a terapie antibiotiche precedenti
- Evoluzione del quadro molto rapida
COSA FARE? Le tre cose da fare in sequenza sono le seguenti: Primo: iniziare al più presto una terapia antibiotica di associazione (piperacillina/tazobactam 4.5 g/6 ore+ vancomicina 500 mg/6 ore+ clindamicina 600 mg/6 ore); Secondo: allertare il chirurgo plastico/ortopedico per programmare intervento di pulizia urgente [da eseguire entro 12-24 ore; un intervento posticipato >24 ore è associato ad una mortalità più elevata (Wong, J Bone Joint Surg Am. 2003)]; Terzo: esecuzione di RMN o TC della regione interessa (in generale l’esame è richiesto dal chirurgo per valutare i limiti dell’interessamento del quadro infettivo, ma non è indispensabile per porre diagnosi).
Nel sospetto di fascite necrotizzante, si può eseguire un score (LRINEC score; articolo di Wong, Crit Care Med, 2004) che permette di aumentare la probabilità di diagnosi. LRINEC score considera 6 parametri (PCR, conta dei leucociti, livelli di emoglobina, di sodio, di creatinina e di glucosio): per valori dello score >8, la probabilità di fascite necrotizzante sarà >75%.
Malattie Infettive più Letali #POSIZIONE 2
E’ l’incubo di tutti i medici, di tutti gli infermieri, degli OSS, portantini, inservienti e volontari delle ambulanze; è l’incubo di genitori, parenti, insegnanti, e di tutte le persone che lavorano nel pubblico. Sto parlando proprio di lei, della meningite meningococcica. In realtà, tutte le categorie sopracitate si allarmano semplicemente all’udire la parola “sospetta meningite”, perché è opinione comune che la meningite si trasmetta per via aerea, cioè respirando per alcuni minuti nelle vicinanze di soggetto ammalato. In realtà questa modalità di trasmissione, che richiede un contattato ravvicinato (entro1-2 m) per un periodo prolungato 30-60 minuti, interessa esclusivamente la meningite meningococcica, un forma di infezione batterica trasmessa da Neisseria meningitidis. Il battere è trasmesso da un soggetto malato o da un portatore sano che alberga il battere nel rino-faringe e può espellerlo all’esterno durante la respirazione o con un colpo di tosse. Questa forma di meningite, ha un’evoluzione particolarmente rapida e nell’arco di 12-24h dall’inizio della sintomatologia febbrile, può portare il paziente in uno stato di coma severo fino al decesso. Quali sono i segni tipici della meningite: febbre elevata, cefalea, vomito (anche senza aver mangiato); può comparire stato di confusione mentale, disorientamento (il paziente non riesce a rispondere a domande, del tipo “che giorno è?”, “dove ti trovi?”), crisi epilettiche. Due caratteristiche tipiche della meningite meningococcica sono: 1) interessa soprattutto giovani adulti o adolescenti; 2) nelle fasi iniziali (24-48h), possono comparire petecchie sul corpo, cioè piccole macchie rosso-bordeaux delle dimensione di 1-5 mm, espressione di fenomeni emorragici sottocutanei. Visitando il paziente si potrà riscontrare rigidità ducale e la positività dei segni meningei.
COSA FARE? Nel caso ci si trovi difronte ad un soggetto giovane, con febbre elevata, cefalea, confusione mentale, con petecchie sul corpo, avvisare immediatamente il medico infettivologo di turno/reperibile ed eseguire una dose di Ceftriaxone da 2 g e.v. (se la valutazione infettivologica non potrà essere eseguita prima di 6-12 ore). L’impiego del cortisone (desametazone) nella meningite batterica si è dimostrato efficace nel ridurre sequele neurologiche (non la sopravvivenza), ma non è stato dimostrato sia vantaggioso nella meningite meningococcica; pertanto, se iniziato potrà essere sospeso una volta identificato N. meningitidis.
Malattie Infettive più Letali # POSIZIONE 1
Per frequenza e gravità, la sepsi severa rimane una delle patologie infettive che preoccupa maggiormente i medici del Pronto Soccorso e per questo motivo molti centri hanno adottato percorsi diagnostico-terapeutici standardizzati per la gestione del paziente con tale complicanza infettiva. Uno dei punti più importanti nella gestione del paziente con sepsi severa rimane il tempo intercorso tra l’inizio dei sintomi e la somministrazione di una terapia antimicrobica efficace (che differisce appunto dalla somministrazione di una terapia antibiotica qualunque). Se questo intervallo di tempo è >6 ore, il rischio di morte del paziente aumenta progressivamente. Pertanto, sarebbe opportuno iniziare un trattamento antibiotico empirico ad ampio spettro già in Pronto Soccorso, valutando se il paziente presenti o meno dei fattori di rischio per infezione da microrganismi multi-resistenti (MDR), come per esempio essere stato ricoverato nei 3 mesi precedenti, aver ricevuto/assunto antibiotici nei 3-6 mesi precedenti, essere residente in una casa di cura o in una struttura per anziani.
COSA FARE? Una volta posta diagnosi di sepsi severa (criteri di diagnosi di SIRS, SEPSI e SEPSI SEVERA), potrà essere iniziato un trattamento antibiotico empirico a seconda della presenza o meno di fattori di rischio per infezione da microrganismi MDR.
- Paziente stabile: – Assenza di fattori di rischio per MDR: amoxicillina/clavulanato 2.2 g/6h (aggiungere azitromicina 500 mg/die se polmonite)
- Paziente stabile: – Presenza di fattori di rischio per MDR: piperacillina/tazobactam 4.5 g/6-8 h (se polmonite aggiungere azitromicina 500 mg/die); se rischio di infezione da S. aureus meticillino-resistente (es. dialisi, CVC, tossicodipendenza) aggiungere vancomicina 25-30 mg/kg (carico) poi 30 mg/kg/24h (max 2g, in infusione continua)
- Paziente instabile: – Assenza di fattori di rischio per MDR: piperacillina/tazobactam 4.5 g/6-8 h + vancomicina 25-30 mg/kg (carico) poi 30 mg/kg/24h (max 2g, in infusione continua). Se polmonite aggiungere azitromicina 500 mg/die.
- Paziente instabile: – Presenza di fattori di rischio per MDR: meropenem 1 g/6-8 h (dose di carico di 2 g)+ vancomicina 25-30 mg/kg (carico) poi 30 mg/kg/24h (max 2g, in infusione continua). Se polmonite aggiungere azitromicina 500 mg/die o levofloxacina 750 mg/die; se polmonite da MRSA (con MIC>1) sostituire vancomicina con linezolid 600 mg/12h.
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Un saluto, Andrea.
Ottimo articolo, tuttavia volevo chiedere alcune cose ad Andrea Bedini. Nella terapia empirica della meningite è opportuno, secondo la tua esperienza, associare una cefalosporina di terza generazione come Cefotaxime o Ceftriaxone attive inoltre anche sugli altri germi che più frequentemente sono causa di meningite come S. Pneumoniae e H. influenzae, con Vancomicina a causa della diffusione di ceppi di pneumococco resistenti alla penicillina e se in particolari categorie come immunodepressi, anziani o alcolisti anche ricorrere ad un’associazione con ampicillina+ceftriaxone+vancomicina per coprire eventualmente coccobacilli gram- e offrire anche una copertura per Listeria Monocitogenes. Nel caso della polmonite post-influenzale dato il più elevato rischio di infezione da MRSA e di ARDS era opportuno associare Beta-lattamico anti-pseudomonas + azitromicina oppure Beta-lattamico antipseudomonas + fluorochinolone antipseudomonas o in caso di allergia a beta lattamici amminoglicoside+azitromicina. Tali combinazioni andranno associate con vancomicina o linezolid per dare copertura su MRSA.
Le linee-guida americane suggeriscono di utilizzare una terapia di associazione contenente anche vancomicina (es. ceftriaxone+vancomicina) nella terapia empirica della meningite batterica, aggiungendo l’ampicillina nel caso di possibile eziologia da listeria.
Ho appena studiato di nuovo questo articolo e ti volevo chiedere se nella terapia antibiotica empirica della fascite necrotizzante si poteva effettuare l’associazione consigliata dalle linee guida AMPICILLINA + CIPROFLOXACINA + CLINDAMICINA. In particolare l’associazione da te proposta: (piperacillina/tazobactam 4.5 g/6 ore+ vancomicina 500 mg/6 ore+ clindamicina 600 mg/6 ore) poteva essere sostituita da altre associazioni caratterizzate da un beta-lattamico antipseudomonas (cefepime o ceftazidime) + metronidazolo + glicopeptide oppure carbapenemico/piperacillina-tazobactam + glicopeptide. Infatti l’IDSA sconsiglia di associare la vancomicina con gli inibitori della sintesi di tossine (la clindamicina ma anche il linezolid) nella copertura per MRSA a causa dell’antagonismo in vitro tra queste classi di antibiotici: http://www.idsociety.org/uploadedFiles/IDSA/Guidelines-Patient_Care/PDF_Library/Italian-MRSA_GL.PDF
Grazie Giovanni del commento e della tua precisazione: in effetti l’associazione vancomicina+clindamicina, in vitro, ha mostrato un effetto antagonista. Nella fasciate necrotizzante, in effetti, la terapia empirica più corretta sarebbe piperacillina/tazobactam + vancomicina (come suggerito anche nelle recenti linee-guida IDSA del 2014: http://cid.oxfordjournals.org/content/early/2014/06/14/cid.ciu296.full).
In un secondo tempo (dopo 48-72 ore), ottenuto l’isolamento microbiologico, si può pensare di eseguire un’associazione con beta-lattamico + clindamicina se vancomicina viene sospesa in mancanza di isolamento di S. aureus meticillino-resistente. Grazie Giovanni per la puntualizzazione. Per le altre associazioni che proponi, io personalmente cerco di ridurre al minimo l’utilizzo dei fluorochinoloni e delle cefalosporine (per ridurre al minimo il rischio di infezione da C. difficile e per i tassi di resistenza elevati di E. coli ai fluorochinoloni). Il carbapenemico, infine, tendo ad impiegarlo nella terapia empirica solo in caso di un paziente critico/instabile.
Apprezzando il persistenza che mettete nel vostro sito web e dettagliata informazioni offerta .
E ‘impressionante imbattersi in un blog ogni tanto un po’ che non è lo stesso
obsolete rehashed materiale . Meraviglioso leggere!
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Maramures Grazie, buona giornata!
Grazie Patriza!
Buona giornata. Andrea.